Fonte: Juranews
L’utilizzazione o meno del credito d’imposta è lasciata alla libera scelta del contribuente ed implica una manifestazione di volontà che viene espressa nella dichiarazione dei redditi, manifestazione di volontà necessaria per formulare la richiesta di rimborso del credito Iva, che può essere revocata, con rinuncia alla stessa (cfr. anche Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 217 del 2023).
Diversa è, invece, l’ipotesi di errore della dichiarazione, che assume una rilevanza specifica, a seconda che lo stesso sia emendabile (e in questo caso la dichiarazione dei redditi rappresenta una dichiarazione di scienza) o non emendabile (perché concerne la parte negoziale della dichiarazione dei redditi), essendo necessario nel secondo caso che il contribuente dimostri il carattere essenziale ed obiettivamente riconoscibile dell’errore nel quale è incorso.
È importante precisare, in proposito, che il contribuente che rinuncia alla richiesta di rimborso, non rinuncia al diritto di credito, che può essere nuovamente richiesto (qualora esistente), ma nel rispetto dei termini di decadenza previsti dalla legge; ovvero, se il contribuente lo vuole chiedere in compensazione, così mutando l’originaria richiesta di rimborso lo può fare entro l’anno successivo alla maturazione del credito medesimo, in quanto il principio di alternatività tra rimborso e detrazione esclude l’illimitata possibilità di revoca della scelta del rimborso, originariamente effettuata, mentre se vuole chiedere nuovamente il rimborso del credito Iva (rinunciato in dichiarazione) lo può fare presentando specifica istanza di rimborso, in mancanza di disposizioni specifiche, entro il termine di due anni dal pagamento ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione ex art. 21, comma secondo, del decreto legislativo n. 546/1992.